Il seguente articolo è stato pubblicato sulla rivista TOSCANA FOLK di aprile 2015, per gentile concessione dell'editore.
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Tra Granducato di Toscana e Ducato di Modena: due lezioni manoscritte e una orale del canto "O poveri soldati"
di Gian Paolo Borghi
Questo articolo è dedicato alla memoria del ricercatore e studioso Alessandro Fornari, che per anni si è occupato della raccolta e dell'analisi del canto O poveri soldati, un tempo molto diffuso nell'areale appenninico ai confini tra Granducato di Toscana e Ducato di Modena1.
Con l'intento di incrementare la raccolta delle versioni di questo testo, al manoscritto ottocentesco, che già ho pubblicato su "Toscana Folk"2, faccio ora seguire due lezioni manoscritte rilevate da scolari del pistoiese nel 1929, in occasione di una importante mostra che fu allestita a Pistoia per celebrare l'istituzione di quella Provincia3. Chiudo il contributo con un'ulteriore lezione, questa volta edita, reperita diversi anni fa a Fiubalbo.
Il lavoro dei ragazzi pistoiesi si rivela particolarmente utile dal versante del recupero testuale (si tratta probabilmente delle più antiche versioni sino ad oggi rintracciate in Toscana) e, oltre che confermare le analisi storiche a suo tempo condotte da Alessandro Fornari4, fornisce ulteriori indicazioni di siti confinari di controllo doganale tra i due Stati. Gli elaborati costituiscono una parte dei risultati di alcune ricerche sui canti popolari condotte nel 1929 a Lizzano di San Marcello Pistoiese e a Pianosinatico di Cutigliano. I testi sono qui trascritti nel pieno rispetto della scrittura dei ragazzi. Eventuali inesattezze vengono segnalate con l’uso della parentesi quadra.
Il primo canto venne raccolto dall'alunna Vitalina Palmieri, allora frequentante la terza elementare di Lizzano Pistoiese. In calce riporta un appunto vergato da una mano adulta5: Dettata da G. Battista Poli di anni 80, e da Clelia Filippini, di anni 14, in Lizzano. Preceduto da una nota esplicativa, risulta in parte strutturato in forma di dialogo tra un anonimo interlocutore e i soldati:
Canto dei soldati di Finanza in servizio alla Dodanaccia [Doganaccia], sui confini fra il Granducato di Toscana ed il Ducato di Modena.
I finanzieri nell'inverno scendevano a Vizzaneta (Lizzano Pistoiese) e la casa che abitavano si chiama ancora la Dogana.
- O poveri soldati
che avete la cuccagna
e su nella montagna avete
il [sic] quartieri!...
Ci state volentieri
ci avete l'acqua buona,
se fulmina o se tuona
ci si sente! –
- Si dorme duramente
sopra d'un tavolone
il povero groppone
va in fracasso.
Per capezzale un sasso
deposto sotto il capo
che c'è stato portato
dall'Appennino.
C'è proibito il vino,
sopra di questo monte
c'è solo un piccol fonte
d'acqua bona.
Non si vede persona
solo che d'un pastore
che gira con furore
dietro gli armenti.
Si sente spesso i venti
combatter tra di loro
e questo gli è il ristoro
dei soldati. –
Poveri disgraziati,
non si sa come fare
che non si trova pane
da mangiare.
Per nostro appartamento
quassù ci hanno mandato
ove si fa il curato
senza prete.
Le messe son quiete
non si spiega Vangelo
e siam vicini al cielo
e Dio ci vede.
E Dio ci dà la fede
che dobbiamo scampare
di tante pene amare
in questo giorno.
Se io ci fo ritorno
sopra di questo monte
sopra di questo monte
non ci ripasso.
Prima al mi' collo un sasso
mi voglio attaccare
e mi voglio gettare
dentro un tino.
Vo' finire la mia vita
almeno in mezzo al vino
e l'acqua saporita
non la consumo.
Vada ogni cosa in fumo
capanne e capannini,
di Modena i confini
a me non preme,
e Cutigliano insieme
e tutto l'Abetone
e su tutto il Cimone
da Fanano.
Evviva il nostro Sovrano
…………………………
sargenti e caporali
delle bande,
a Ferdinando grande
colla faccia giuliva
Evviva Ferdinando!
Evviva! Evviva!6
Il riferimento a Ferdinando [III] è in sintonia con i testi pubblicati dal Fornari. Un aspetto tutt'altro che secondario è invece costituito, nel finale, da una vera e propria lode al Granduca (a Ferdinando grande/colla faccia giuliva), che differisce dai testi a tutt'oggi pubblicati, i cui plausi risultano invece permeati da una certa vena ironica (Ferdinandone grande/colla sua faccia uliva, ad esempio7). In teoria, il testo raccolto a Lizzano potrebbe mettere in luce una sua stesura più consona all'epoca della sua ideazione, essendo stato riferito da un testimone nato attorno al 1849, ma potrebbe anche trattarsi di una "correzione" effettuata dai raccoglitori o dalla maestra. Il testo, inoltre, si discosta dai precedenti nei versi sul Monte Cimone, confine con il Ducato di Modena (il Cimone/da Fanano, in luogo di il Cimone/di Fanano), al quale monte afferivano non soltanto Fanano, ma anche i territori di Sestola, Riolunato e Fiumalbo.
Il secondo canto venne raccolto a Pianosinatico dall'alunna Adolfina Lenzini, di classe elementare imprecisata, e trascritto dall'insegnante Eginia Petrucci con una scansione strofica più approssimativa rispetto alla trascrizione precedente. Anche in questo caso, è preceduto da un'annotazione esplicativa:
Durante le veglie invernali si cantano canzoni di ogni genere. La seguente era cantata nel 1849 dai soldati che erano accampati sul Monte Cardoso. Diventò popolarissima.
In cima alla montagna c'è il quartiere
ci si sta volentieri,
si beve l'acqua buona,
se fulmina o se tuona ci si sente.
Si dorme duramente
sopra di un tavolone
e il povero groppone
è ito in fracasso.
Per capezzale un sasso
messolo sotto il capo
che c'è stato portato dall'Appennino.
C'è proibito il vino
sopra di questo monte
c’è solo un piccol fonte d'acqua buona.
Non si vede persona
solo che di un pastore
che guida i suoi furori e i suoi armenti.
Ci tira spesso i venti,
combatton fra di loro
e questo gli è il ristoro dei soldati
poveri tribolati
quassù ci hanno mandato
quassù ci s'ha il curato senza prete.
Si dice messe quiete,
senza spiegar Vangelo.
Siamo vicini al cielo Iddio ci vede.
Vada ogni cosa in fumo
capanne e capannini.
Di Modena i confini non ci preme.
Con Cutigliano insieme
là tutto l'Abetone
e là tutto il Cimone di Fanano.
Viva il nostro Sovrano
con quella faccia uliva
Evviva Ferdinando, evviva evviva8.
I riferimenti al 1849 fanno pensare che il canto venisse eseguito dai soldati anche all'epoca di Leopoldo II, succeduto a Ferdinando III, oppure che già fosse entrato nella tradizione orale del territorio, indipendentemente dal Granduca governante.
Il terzo canto, edito, fu a suo tempo rilevato a Fiumalbo, nel modenese. I confini sono considerati da quel territorio. Non vi sono presenti versi dedicati al Granduca di Toscana, ma al periodo napoleonico. Non a caso, gli informatori lo attribuiscono a un disertore dell'esercito dell'imperatore di Francia, peraltro rifugiatosi al Pian del Malconsiglio, che richiama alla memoria i luoghi della congiura di Catilina, stroncata dalle legioni romane, anch'essi entrati nella tradizione orale:
[Catilina] radunò e convocò i suoi soldati a consiglio, e fece loro il ragionamento per incoraggirgli alla battaglia, fino al presente giorno s'appella con nome di Piano del mal consiglio, ed è appunto contiguo al campo Tizzoro, ove accadde poscia la suddetta battaglia9.
"O poveri soldati", quindi, si rileva ancora denso di interesse e di possibilità di approfondimento:
Il seguente canto, da me udito dai coniugi Filomena e Gregorio Nizzi, sembra sia stato tramandato da almeno tre generazioni. Si racconta che l'abbia ideato un soldato napoleonico, disertore, fermatosi su questi monti al tempo delle Campagne d'Italia.
Canto di un soldato disertore al "Pian del Malconsiglio"
Quei poveri soldati che vanno alla cuccagna
e su nella montagna
c'è il quartiere:
ci stanno volentieri
perché c'è l'aria bona,
ci fulmina e ci tuona
e non si sente.
Si dorme duramente sopra d'un tavulone,
ma il povero groppone
va in fracasso.
Per capezzale un sasso
per mettere sotto al capo
che è stato trasportato nell'Appennino.
Ci han proibito il vino
sopra da questi monti
ci son dei piccol fonti
d'acqua bona.
Non si vede persona
Se non qualche pastore
Che con grande furore
guida l'armento.
Ci abita spesso il vento
sopra da queste mura,
facciam la sepoltura di Plutone.
Per nostro Napoleone
per nostro appartamento
noi qui facciam convento
senza preti.
Alla Messa tutti quieti
senza spiegar Vangelo
siamo vicini al cielo
che Dio ci vede.
Abbiamo noi la fede
che ci convien tenere
che ci convien portare
per qualche giorno.
Càpito e fò ritorno
dentro di questo mese,
mai più da questo paese
non ci ripasso.
Sopra il mio cuore un sasso
che mi voglio attaccare
e mi voglio affogare
dentro un tino.
All'albero del vino
voglio finir la vita,
ma l'acqua saporita
non la consumo.
Vada ogni cosa in fumo,
capanne e capannini
da Modena ai confini
non me ne impreme.
Con Cutigliano insieme,
con tutto l'Abetone
col copitan [sic] Cimone
di Fanano:
Viva il nostro sovrano!10
1 Si vedano, a questo proposito, A. Fornari, "O poveri soldati". Un canto dei tempi di Ferdinando III di Lorena, in A. Fornari, L. Petrucci e L. Rombai, A memoria d'uomo. Tradizioni e comunità nell'Alta Val di Lima, Pontassieve, 1999, pp. 61-78 (e relativi rimandi bibliografici e discografici). In precedenza, Alessandro Fornari aveva pubblicato il testo, con un commento più sintetico, alle pp. 82-85 del suo libro Cartacanta. Canti popolari toscani e cultura comunitaria, Firenze-Fiesole, 1976. Testi di "O poveri soldati" sono peraltro pubblicati (e variamente commentati, ma in linea con le due citazioni precedenti) anche in queste sue realizzazioni editoriali: Tradizioni dell'Appennino Pistoiese, in "Il Cantastorie", 34-36 (1989), pp. 31-36; Canti popolari toscani. Melodie tradizionali raccolte col registratore, Firenze, 2002 (ultima edizione), pp. 124-127; In parole povere. Cultura comunitaria tradizionale. Canzoni, stornelli, proverbi, riti e feste di popolo, Firenze-Fiesole, 2007, pp. 128-129; Vice viva. Canzoni, stornelli, proverbi e riti di popolo. La tradizione educante, Firenze, 2009, pp. 160-162. Ringrazio Alessandro Bencistà per la collaborazione. Preciso che aggiornamenti discografici del canto sono riportati in G.P. Borghi, Una versione ottocentesca manoscritta del canto "O poveri soldati", in "Toscana Folk", XVI, 17 (2012), pp. 9-14, e specificamente a p. 13, nota 1. Colgo l'occasione per segnalare che esiste un'altra versione incisa del canto (sulla quale tornerò in seguito), a cura del gruppo musicale Toscanto e dell'associazione Di Terra in Terra di Pistoia, compresa in entrambi i volumi del CD-ROM La scuola in mostra. Pistoia 1929, pubblicato nel 1999 dalla Biblioteca comunale Forteguerriana di Pistoia, a cura di T. Dolfi.
2 Cfr. G.P. Borghi, Una versione ottocentesca, cit. Il testo, raccolto a Faidello, faceva parte dell'archivio dello storico modenese Venceslao Santi, consultabile nel Fondo" Albano Sorbelli", conservato alla Biblioteca Estense di Modena.
3 Sulla mostra rimando al già citato CD-ROM, nonché all'omonima edizione cartacea del 1990, a cura di T. Dolfi e S. Lucarelli, anch'essa promossa dalla Biblioteca Forteguerriana. Nel 1929, quasi tutte le scuole del pistoiese presentarono notizie storiche, disegni, canti popolari, relazioni di carattere sociale, artistico ecc. riguardanti il loro territorio.
4 Cfr. A. Fornari, "O poveri soldati", cit., pp. 66-75.
5 Si tratta probabilmente dell'insegnante, M. Tondinelli.
6 Il quaderno scolastico è inventariato al n. 128/1 del catalogo La scuola in mostra. Pistoia 1929. Il testo è scritto alle cc. 12v-17r.
7 Si veda G.P. Borghi, "O poveri soldati", cit., p. 65.
8 Inventariato con il n. 140, si tratta di un album, nel quale il canto è scritto alle cc. 30-31. Con il titolo In cima alla montagna c'è il quartiere, è stato inciso nel CD-ROM sopra citato con I primi due versi aggiunti da una versione proveniente da Rivoreta.
9Cfr. Osservazioni storiche sopra l'antico stato della montagna pistoiese con un discorso sopra l'origine di Pistoia del capitano Domenico Cini della terra di San Marcello…, Firenze, 1734, p. 164.
10In B.Galassini Spada, Leggende, tradizioni e costumanze del Fiumalbino, in Pievepelago e l'Alto Frignano. Atti e Memorie del Convegno tenuto a Pievepelago il 2-3 settembre 1978, II, Modena, 1979, pp. 141-142.
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