La faccenda accade in questi giorni a Udine (Il Flauto Magico di HabaneraTeatro sarà al Teatro Palamostre nei giorni 14 e 15 novembre e 19 e 20 dicembre) dove il direttore artistico del Teatro Nuovo Giovanni da Udine che ha commissionato le repliche, Carlo De Incontrera, si è trovato a dover far fronte a una massiccia richiesta da parte delle scuole del comprensorio, mettendo in difficoltà anche la normale programmazione e obbligando l'organizzazione ad accontentare chi era rimasto fuori dalle due repliche programmate.
Il fatto probabilmente non ha precedenti in Italia e indica un malessere che senz'altro colpisce un po' tutti, non solo le giovani generazioni e chi ha il compito (ingrato) di educarle.
Certo la produzione (in lingua originale tedesca il cantato e in italiano la parte narrata) di un'opera di Mozart particolarmente adatta ad essere portata in scena con l'ausilio delle marionette (non a filo, ma a bacchetta sul nero, una particolare tecnica simile al bunraku giapponese) attrae molto, ma senza dubbio accadimenti di questa portata, scoprono una situazione culturale drammatica.
Il teatro dei burattini e delle marionette (spesso detto "di figura") da sempre svolge, più o meno approfonditamente, il compito di narrare. E il "cunto", come nel suo bellissimo dialetto lo definisce Mimmo Cuticchio, oggi è praticamente perso.
Si è perso nel turbine del vedere senza osservare, del partecipare senza partecipazione, del giocare senza immaginazione che opprime gli adulti di oggi e di conseguenza i loro bambini.
Ma questi, più degli adulti, ormai rassegnati, hanno sete di narrazione, di racconti, di storie, di "cunto", insomma.
E oggi nessuno più narra.
Le nonne alle prese con le soap operas e le telenovelas, le madri e i padri annullati nel vortice del lavoro quotidiano che toglie il respiro e non dà nessuna possibilità alla mente di elaborare qualcosa al di fuori della quotidianità, idem per gli altri parenti più stretti, nonni compresi, che magari hanno continuato a lavorare, dopo aver superato l'età pensionabile.
E la sera la televisione prevale sulla stanchezza, vince la passività.
I giochi elettronici, moderni compagni di gioco, pur nella loro raffinatezza e attrazione, non narrano, o meglio: non lasciano niente all'immaginazione.
La televisione, nelle rare volte in cui narra, offre narrazioni prive di magia.
La letteratura, purtroppo, sta diventando materia e attività in estinsione, come quei mestieri rari e antichi che nessun giovane si sente di fare. Resiste quella più di consumo (che non può chiamarsi letteratura), sia per adulti o per ragazzi, ma questa non narra: propone sit-comedy televisive o simili su carta, sempre uguali a sé stesse.
E dunque rimane la scuola, pur nella sue ridottissime possibilità, dove si insegna ancora a immaginare; e rimane il teatro.
Quello però che racconta, non quello nutrito e ingrassato dalla televisione, visto, rivisto e già digerito al momento che ci sediamo sulla poltrona, no, non quello.
E' il "cunto" a riservare le soprese più belle, quello in cui, quando sediamo, non sappiamo bene cosa stia per accadere.
Ecco di cosa ha bisogno il pubblico di oggi: di sorprendersi a sorprendersi, di farsi portare per mano nel mondo dell'immaginazione, la propria, quella che nessuno può togliere a nessuno, neanche con mille polizieschi o mille Mission Impossible, ormai semplici variazioni sul tema, sempre uguali a se stessi. Noiosi.