Cresce l'interesse per il lavoro di HabaneraTeatro la nostra piccola compagnia teatrale, assolutamente non finanziata, che con la messa in scena dell'opera lirica Il Flauto Magico di Wolfgang Amadeus Mozart, riduzione per marionette a bacchetta e attore (unica in Italia), colleziona la bellezza di 9 esauriti, per un totale di quasi 4500 spettatori.
La faccenda accade in questi giorni a Udine (Il Flauto Magico di HabaneraTeatro sarà al Teatro Palamostre nei giorni 14 e 15 novembre e 19 e 20 dicembre) dove il direttore artistico del Teatro Nuovo Giovanni da Udine che ha commissionato le repliche, Carlo De Incontrera, si è trovato a dover far fronte a una massiccia richiesta da parte delle scuole del comprensorio, mettendo in difficoltà anche la normale programmazione e obbligando l'organizzazione ad accontentare chi era rimasto fuori dalle due repliche programmate.
Il fatto probabilmente non ha precedenti in Italia e indica un malessere che senz'altro colpisce un po' tutti, non solo le giovani generazioni e chi ha il compito (ingrato) di educarle.
Certo la produzione (in lingua originale tedesca il cantato e in italiano la parte narrata) di un'opera di Mozart particolarmente adatta ad essere portata in scena con l'ausilio delle marionette (non a filo, ma a bacchetta sul nero, una particolare tecnica simile al bunraku giapponese) attrae molto, ma senza dubbio accadimenti di questa portata, scoprono una situazione culturale drammatica.
Il teatro dei burattini e delle marionette (spesso detto "di figura") da sempre svolge, più o meno approfonditamente, il compito di narrare. E il "cunto", come nel suo bellissimo dialetto lo definisce Mimmo Cuticchio, oggi è praticamente perso.
Si è perso nel turbine del vedere senza osservare, del partecipare senza partecipazione, del giocare senza immaginazione che opprime gli adulti di oggi e di conseguenza i loro bambini.
Ma questi, più degli adulti, ormai rassegnati, hanno sete di narrazione, di racconti, di storie, di "cunto", insomma.
E oggi nessuno più narra.
Le nonne alle prese con le soap operas e le telenovelas, le madri e i padri annullati nel vortice del lavoro quotidiano che toglie il respiro e non dà nessuna possibilità alla mente di elaborare qualcosa al di fuori della quotidianità, idem per gli altri parenti più stretti, nonni compresi, che magari hanno continuato a lavorare, dopo aver superato l'età pensionabile.
E la sera la televisione prevale sulla stanchezza, vince la passività.
I giochi elettronici, moderni compagni di gioco, pur nella loro raffinatezza e attrazione, non narrano, o meglio: non lasciano niente all'immaginazione.
La televisione, nelle rare volte in cui narra, offre narrazioni prive di magia.
La letteratura, purtroppo, sta diventando materia e attività in estinsione, come quei mestieri rari e antichi che nessun giovane si sente di fare. Resiste quella più di consumo (che non può chiamarsi letteratura), sia per adulti o per ragazzi, ma questa non narra: propone sit-comedy televisive o simili su carta, sempre uguali a sé stesse.
E dunque rimane la scuola, pur nella sue ridottissime possibilità, dove si insegna ancora a immaginare; e rimane il teatro.
Quello però che racconta, non quello nutrito e ingrassato dalla televisione, visto, rivisto e già digerito al momento che ci sediamo sulla poltrona, no, non quello.
E' il "cunto" a riservare le soprese più belle, quello in cui, quando sediamo, non sappiamo bene cosa stia per accadere.
Ecco di cosa ha bisogno il pubblico di oggi: di sorprendersi a sorprendersi, di farsi portare per mano nel mondo dell'immaginazione, la propria, quella che nessuno può togliere a nessuno, neanche con mille polizieschi o mille Mission Impossible, ormai semplici variazioni sul tema, sempre uguali a se stessi. Noiosi.